SAN CELSO MARTIRE

28 LuglioGuglia Abside-G101
Città di cui è il patrono (patrocinio): Emblema:

Le prime notizie sulle vicende di San Celso martire provengono dalla biografia di Sant’Ambrogio, il quale nel 395 trovò i corpi di due martiri, Celso e Nazario, sepolti in un campo appena fuori dalla città di Milano. La storia della loro vita ci viene tramandata dalla tradizione agiografica, la quale colloca la vicenda al I secolo d.C. e ritrae i due martiri come gli evangelizzatori di numerose località dell’Italia settentrionale.Nazario sarebbe stato un cittadino romano di famiglia ebrea e legionario, il quale convertitosi al Cristianesimo si trasferì nelle Gallie per fuggire alle persecuzioni. Qui gli sarebbe stato affidato da una matrona il piccolo Celso, un bimbo di appena nove anni. Celso ricevette dal maestro l’educazione alla fede cristiana e il sacramento del battesimo e, insieme, proseguirono nell’opera di diffusione della nuova fede, viaggiando per la Francia meridionale fino a Treviri. Sembra che qui siano stati arrestati e imbarcati su una nave che doveva portarli al largo e gettarli in mare. I due tuttavia scamparono alla morte: la leggenda vuole che, gettati in mare, presero a camminare sulle acque. Si scatenò allora una tempesta che terrorizzò i marinai, i quali chiesero aiuto a Nazario stesso. Le acque si calmarono immediatamente e la nave riuscì ad approdare a Genova, dove Nazario e Celso proseguirono la loro opera evangelizzatrice in tutta la Liguria spingendosi fino a Milano. Qui vennero infine arrestati e condannati a morte. La figura del San Celso martire presente sulla sommità della guglia G101 è una riproduzione eseguita attorno la metà del Novecento da Arturo Malerba e si potrebbe dire che sia una delle poche statue del Duomo di Milano ad essere raffigurata con la palma, simbolo per eccellenza del martirio, nonché di vittoria, di ascesa, rinascita e immortalità. San Celso è rappresentato vestito con una tunica romana e i calzari, elementi che lo inquadrano come un romano, magari un tempo anche soldato. La barba sembra infatti suggerire la figura di un veterano generale, convertito al cristianesimo e poi martirizzato. Nulla a che vedere con il fanciullo ritratto dalla tradizione agiografica. Questo perché, sovente, gli scultori operanti nella Fabbrica del Duomo concepivano le statue in modo del tutto personale.